Un grave ritardo
Nelle competizioni e nelle collaborazioni internazionali, l’Italia è danneggiata dal ritardo di almeno trent’anni delle capacità tecniche di analisi, monitoraggio e valutazione degli interventi pubblici:
–le competenze a disposizione del Parlamento e dei governi riguardano esclusivamente gli aspetti giuridici e finanziari: non esistono strutture capaci di ragionare per politiche, programmi, progetti, obiettivi manageriali
–nella valanga di leggi e regolazioni, è impossibile capire quali sono i problemi che si vogliono aggredire, gli effetti che si vogliono ottenere, i parametri per la valutazione del loro successo
–la stessa spending review, basata sul criterio di economicità, di per sé sacrosanto, rischia di allontanare una verifica value for money, in grado di entrare nel merito degli effetti delle spese rispetto alle finalità che le avevano giustificate
–le politiche per lo sviluppo, se imbastite senza una rigorosa analisi logica del rapporto tra problemi, strumenti e risultati attesi, diventano una nuova etichetta per vecchie pratiche
–la riduzione dei dipendenti pubblici, se lascia quelli che rimangono a fare le stesse cose che facevano prima, più quelle di chi non è stato rimpiazzato, non garantisce quel miglioramento dei servizi e delle politiche che può venire solo dalla capacità di valutare le amministrazioni rispetto a chiari e verificabili obiettivi.
La deformazione della politica
I serbatoi da cui le istituzioni dovrebbero trarre queste competenze tecniche sono rimasti ancorati a modelli completamente superati, mentre la nostra epoca assegna un posto importante alla produzione e alla circolazione delle conoscenze. L’assenza, nel legislativo e nell’esecutivo, di forti baricentri basati sulle competenze tecniche nel disegno e nella valutazione delle politiche deforma la stessa politica:
-si generano oscillazioni cicliche tra maggioranze politiche che promettono la luna e governi tecnici sottratti alla verifica del voto popolare
–il consenso, che altrove è costruito almeno in parte sulla base di evidenze non majoritarian o non partisan, viene rimpiazzato dall’allestimento di schieramenti bipartisan
–i cittadini - elettori - contribuenti sono privati delle più elementari informazioni circa la natura dei fenomeni su cui si intende intervenire, le modalità di utilizzazione del denaro pubblico, l’effettivo impatto dei provvedimenti presi.
Il Parlamento in cerca di un ruolo
Il Parlamento è l’istituzione più esposta a questi processi degenerativi. Infatti ai suoi abnormi costi, imputabili sia agli eletti, sia agli staff, non corrisponde un’effettiva capacità di migliorare il disegno delle politiche pubbliche e di controllare l’operato dei governi.
La riforma dell’istruttoria legislativa prevista dalla modifica del Regolamento della Camera del 1997 è rimasta ingabbiata entro una logica giuridica che ne ha svuotato il valore.
La relazione tra legislativo e esecutivo risulta alterata al punto da giustificare la domanda se il parlamento non sia il più costoso degli enti inutili italiani.
Una soluzione a portata di mano
La strada verso un rapporto più corretto tra tecnici e politici può passare per questa proposta. Il 10% dei tagli ai costi della politica, che comunque devono essere decisi e consistenti, va investito per la creazione di un’agenzia bicamerale in grado di fornire ai legislatori e ai cittadini
-rigorose analisi delle politiche in discussione nella fase pre-legislativa, con l’elaborazione di puntuali clausole valutative da associare alle leggi
-precise valutazioni dei risultati ottenuti dopo la loro implementazione da parte dell’esecutivo (parliamentary oversight).
Queste due funzioni nei parlamenti di altri paesi sono spesso affidate a due diverse agenzie: una incaricata di raccogliere e valutare le conoscenze necessarie per selezionare le soluzioni migliori (es: Congressional Research Service USA), e una incaricata di verificare gli esiti degli interventi approvati, dopo un congruo periodo di implementazione (es. National Audit Office UK).
Ma in alcuni interventi più recenti, è spesso prevalsa la tendenza a creare un unico serbatoio di competenze, con due diverse articolazioni (es: Legislature’s Office of Program Policy Analysis and Government Accountability -OPPAGA - della Florida). Entrambe le soluzioni sono assolutamente compatibili con ogni forma di impianto istituzionale (parlamentare, semi presidenziale, presidenziale..), con ogni tipo di legge elettorale e con esecutivi sia tecnici, sia politici.
Dato che nel caso italiano, come in quello francese, le funzioni di Supreme Audit Institution fanno comunque capo alla Corte dei Conti, valutazione ex ante e valutazione ex post delle politiche e dei programmi potrebbero essere svolte da un’unica agenzia.
In ogni caso, l’agenzia (o le agenzie) deve:
-essere a servizio di entrambi i rami del parlamento, per evitare sprechi e duplicazioni
-avere un impianto organizzativo e meccanismi di controllo interno il più possibile vicini a quelli degli esempi citati
-rispondere direttamente a una o più commissioni parlamentari, per quanto riguarda la programmazione delle sue attività, l’impostazione dei suoi lavori, la presentazione e l’utilizzazione dei suoi rapporti
-avere sistemi di reclutamento meritocratici, in linea con gli standard internazionali, in totale autonomia da ogni tipo di pressione
-prevedere, per le posizioni più elevate, bandi sui principali media internazionali
-garantire elevati standard di trasparenza, integrità, affidabilità, professionalità, non partiticità
-rendere pubblici e facilmente ricercabili tutti i rapporti prodotti
-sottoporre periodicamente i principali prodotti a team internazionali per un International Peer Review, secondo le regole adottare dal Government Accountability Office (GAO) del Congresso americano.
Dopo un triennio di organizzazione iniziale, l’agenzia dovrà dare conto annualmente dei risparmi che le sue analisi hanno consentito di ottenere, utilizzando sistemi di calcolo simili a quelli utilizzati dal GAO e dal NAO.
La strada per l’attuazione
A nostro avviso, l’istituzione dell’agenzia di per sé non richiede modifiche costituzionali: può essere infatti considerata come una riorganizzazione degli uffici da attuare con una modifica dei Regolamenti previsti dall’Art. 64 della Costituzione. Questa fu la strada seguita dalla Camera nel 1997 con l’introduzione di nuovi criteri e strumenti per l’istruttoria legislativa.
E tuttavia, qualora fosse avviato un processo di revisione costituzionale, al Parlamento potrebbe essere solennemente assegnata la funzione di valutazione delle politiche pubbliche, sull’esempio di quanto ha fatto la Francia, che con la Legge Costituzionale del 23 luglio 2008 ha ridefinito in questi termini il ruolo del legislativo:”Il Parlamento vota la legge. Controlla l’azione del Governo. Valuta le politiche pubbliche” (art. 24, 1 comma).
Lo stesso esplicito riconoscimento è per altro contenuto in diversi statuti regionali italiani, con riferimento alle funzioni e alle articolazioni dei Consigli.
La regolazione delle responsabilità, delle risorse, delle modalità di interazione con l’esecutivo, con gli altri organi costituzionali e con le commissioni parlamentari sono naturalmente compito dei due rami del Parlamento.
In ogni caso, è importante fare tesoro delle migliori esperienze internazionali. Le risorse sono facilmente accessibili a costi molto contenuti. Interlocutori qualificati possono essere, ad esempio:
-l’International technical cooperation in support of capacity building del National Audit Office (NAO) britannico
In tutte queste sedi, non è difficile trovare esperti di nazionalità o di lingua italiane.
E’ vero: le tradizioni politiche e giuridiche ci dividono. Ma il presente ci unisce, perché uguali sono i problemi, i metodi di analisi, gli strumenti forniti dalle nuove tecnologie.
Quel che è riuscito in Ghana o in Tanzania può riuscire anche in Italia.