Pubblica  Argomenti per le politiche pubbliche
L’esempio dell’Unione Europea
Nella presentazione della consultazione del MIUR, si legge che questo metodo ‘in Europa, è oramai una prassi consolidata’. E, appunto, l’Unione Europea fa regolarmente precedere le consultazioni da documenti, denominati ‘roadmap[1]  . La lettura di questi testi, che in genere non superano le 5-6 pagine, ovviamente non è obbligatoria. Ma il loro contenuto permette di capire quali opzioni sono in gioco. Le schede in genere contengono queste informazioni di base:
A.Context, problem definition
B.Objectives of the initiative
C.Options
D.Initial assessment of impacts
E.Evidence base, planning of further work and consultation
2.3. Le conseguenze delle omissioni
Omettere queste informazioni preliminari mina alla base il valore della consultazione, sia sul piano metodologico, sia sul piano civico.
  • L’errore metodologico
Questi dati non sono orpelli burocratici, ma elementi indispensabili per capire il significato delle domande e, quindi, delle risposte.
Esplicitarli e dare a tutti la possibilità di conoscerli è un elementare atto di correttezza metodologica.
In particolare, la definizione del problema, degli obiettivi, delle opzioni, delle evidenze e delle valutazioni già raccolte, permette di identificare il frame all’interno del quale si colloca la consultazione. Per questo, gli esperimenti di consultazione pubblica dedicano una grande rilevanza alla loro presentazione . Infatti variazioni anche minime nella definizione del problema e delle alternative determinano, ceteris paribus, variazioni significative nella scelta delle soluzioni.
  • L’errore civico
Nella presentazione che precede il questionario MIUR, si legge che scopo principale della consultazione è “consentire all’opinione pubblica di esprimere il proprio orientamento sull’argomento, dal punto di vista dei riflessi sulla società e su parte del mondo del lavoro”.
Perché questa espressione di orientamento sia trasparente, occorre che chi vuole possa informarsi di che cosa ‘c’è sotto’, e cioè dei problemi, delle opzioni, delle valutazioni e delle politiche che sono in cantiere. Rimuovere questi dati è come chiedere di mettere la firma su un modulo in bianco.
Senza la possibilità di disporre di questa base informativa comune, per approfondire il tema e rifletterci sopra, anche modificando le proprie idee iniziali, l’esperimento perde qualunque significato deliberativo o partecipativo, e si trasforma in un’altra cosa.

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[1]  V. ad esempio una delle ultime consultazioni pubbliche dell’Unione Europea: http://ec.europa.eu/governance/impact/planned_ia/docs/2013_sanco_004_mutual_recognition_of_prescriptions_en.pdf Sull’importanza del problem framing nelle consultazioni civiche, v. ad esempio The National Issues Forums Institute (NIFI) e The FrameWorks Institute
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2. Punti di debolezza
I limiti che evidenziamo nulla tolgono all’apprezzamento per gli elementi positivi. Il saldo è a favore della sperimentazione: meglio un passo incerto dell’immobilismo. Ma i limiti non sono piccoli.

2.1. Di che cosa stiamo parlando?
Sia i dati di contesto, sia la presentazione che precede il questionario vero e proprio, mostrano senza ombra di dubbio che la consultazione pubblica ha uno stretto collegamento con il disegno di una o più politiche pubbliche sul valore dei titoli di studio universitari. Nella conferenza stampa del 27 gennaio 2012, il presidente del Consiglio Mario Monti ha legato questo approfondimento a future decisioni sul tema (Reuters,  27 gennaio 2012). Nella presentazione del questionario MIUR si può leggere: “Gli esiti della consultazione costituiranno il presupposto per tutte le proposte da sottoporre al Consiglio dei Ministri oltre che per i provvedimenti del Ministero”.
Dunque, non si tratta di un semplice sondaggio di opinione, ma di una rilevazione che avrà conseguenze per il disegno delle politiche pubbliche.

2.2. Requisiti delle consultazioni su politiche pubbliche
Quando è in gioco la progettazione di una policy, perché una consultazione pubblica abbia un qualche valore, occorre che sia avviata sulla base di un documento che, in modo esplicito, piano e trasparente, indica i problemi, gli obiettivi e le alternative su cui si chiede di esprimere il parere. Senza questo documento, non si ha una consultazione pubblica, ma un’altra cosa, come vedremo più avanti.
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Gloria Regonini
è docente
all'Università
degli Studi
di Milano. Qui
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